Le erbette di primavera nella tradizione culinaria veneta
In primavera la natura rifiorisce e nei campi, nelle siepi e lungo gli argini crescono una gran varietà di erbette selvatiche; queste sono molto usate nella gastronomia veneta tradizionale e popolare sono presenti sia nei menù dei ristoranti che nei piatti delle nostre tavole.
Alcune sono davvero molto conosciute:
I bruscandoli, in dialetto, hanno in botanica il nome di Luppolo selvatico (Humulus Lupulus).
Questa erba venne usata, fin dal Medioevo, per la fabbricazione della birra. I germogli di “bruscandoli” che si trovano lungo le siepi vengono usati per la classica frittata, nel risotto o anche da soli, lessati, conditi con olio, sale e pepe e accompagnati dalle uova sode per via del loro sapore molto simile agli asparagi.
Peverel o rosoline, in dialetto, è la pianta del papavero (Papaver Rhoeas)
Le nuove e fresche piantine di papavero che spuntano in primavera, si trovano spesso nei campi di mais ancora da arare, e sono un’ottima verdura cotta mescolata ad altre erbette.
Radicea o pissacan, in dialetto, sono in botanica il Tarassaco o Dente di leone (Taraxacum officinale) –
Le “radicee” sono senza ombra di dubbio le erbette più diffuse sulle tavole primaverili contadine perché si trovano, facilmente in tutti i prati. Vengono cotte da sole o assieme ad altre erbette, con le uova e possono essere condite anche dadolata di pancetta o lardo che insaporiscono e rendono sfizioso il tutto.
S-ciopet, S-ciopettin o Carletti, in italiano Strigoli o bubboli (Silene Vulgaris)
Sono dei piccoli cespuglietti di un’erba dal colore del fogliame verde-bluastro e un po’ ceroso. Sono molto usati in cucina per farne il “risotto di carletti” o la frittata. Il loro sapore ricorda molto quello dei piselli freschi.
Le gainee, nome dialettale della Valerianella (Valerianella Locusta)
Un tempo la chiamavano con il nome di “lattuga d’agnello”: per via del periodo in cui spunta nei prati, in concomitanza con la nascita degli agnelli. Questa erbetta selvatica viene mangiata cruda in insalata, o cotta assieme ad altre erbe o verdure. Oggi la si può trovare anche dal fruttivendolo perché viene piantata, ed è facile da coltivare.
Ortiga è l’Ortica (Urtica
È una pianta urticante se si entra in contatto con la pelle ma i suoi germogli sono ottimi per risotti, frittate e anche per ricavarci medicinali e tessuti, già dall’età del bronzo.
Vi regalo un mio racconto agreste sulle erbette.
Il racconto di Maria a radicee e peverel
Maria cresce; diventa una bella bambina dai capelli d’oro.
Il suo sguardo chiaro è trasognato ma sempre attento alle cose del mondo; a metà tra Alice nel Paese delle Meraviglie e Pippicalzelunghe.
Rimangono impressi nel suo essere, come un tatuaggio dell’anima, quegli elementi della campagna veneta che le appartengono visceralmente. Li ha protetti nei cassetti della memoria e nei suoi libri segreti.
…i campi erano tappezzati di macchie gialle e rosse. Invasi di radicee e peverel che diventeranno, presto, soffioni e papaveri. Lei e la nonna si perdevano per quei prati munite di sacchetto e coltello per raccogliere i verdi rosoni e le erbette per farne dell’indimenticabile verdura cotta.
E la nonna che le diceva :” Maria ciol su quee col boton che le e pi bone”. E lei che minuziosamente guardava ogni pianta di tarassaco e cercava quella che aveva ancora il bocciolo chiuso come le aveva raccomandato la nonna.
La bimba perdeva, poi, il suo sguardo nel rosso appassionato dei papaveri e nella delicatezza dei soffioni.
Amava scappare dentro i campi gialli di erba medica. Buttarsi distesa a pancia in sù. Lì, nascosta dagli alti fiori, rigenerava il suo essere e assorbiva l’energia di Gaia, la terra, e dei colori dei fiori.
Maria, in quella sorta di nascondiglio naturale, guardava il cielo e giocava con le sue amiche a trovare nelle nuvole delle forme di animali. Nel loro gioco fantastico, il cielo era un grande giardino pieno di elefanti, cavalli, cani dove ogni tanto passava anche un piccolo gatto.
Un giorno era in giro con l’amica di sempre Gabriella. Videro un campo di soffioni così pieno che attirò immediatamente la loro curiosità.
Si buttarono a peso morto nel prato e si rotolavano a destra e a sinistra urlando come pazze dalla felicità.
Un po’ alla volta i soffioni si appiccicarono ai loro capelli che diventarono delle splendide parrucche da principesse. Le due bimbe ridevano sistemandosi questi enormi testoni bianchi candidi atteggiandosi come le dame di un tempo.
Correvano e cantavano spensierate la loro canzone preferita pomel pomel con queste strane acconciature.
Le parrucche lasciarono il posto alle loro chiome dopo un energico lavaggio fatto dalle mani amorevoli delle mamme che sorrisero alla follia simpatica delle loro figlie.
…ma su quei meravigliosi e fragili soffioni, Maria aveva più volte sognato di appendersi pensandoli come una sorta di paracadute per sorvolare le bellezze di questo Pianeta.
Un giorno partì appesa ad un piccolo pelucco di soffione; sorvolò mari, laghi, montagne e pianure. Si svegliò, poi, di soprassalto nel suo lettino giallo come il sole con gli occhi pieni di gioia e incredula del meraviglioso viaggio appena fatto. Maria amava viaggiare e amerà farlo tutta la vita.
Ogni nuova giornata presentava alla bambina nuove avventure e lei con grande entusiasmo si apprestava a viverle.
Alberta Bellussi
- 25 March 2019
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