La Pasqua è la festa cristiana per eccellenza.
A Venezia anche la Pasqua è stata influenzata dalle città con le quali la Serenissima si rapportava. Pensiamo infatti come la città di Venezia, più di tutte, per il suo glorioso passato e grazie al commercio abbia potuto confrontarsi con culture e religioni di tutto il mondo, rivedendo il proprio modo di intendere le tradizioni religiose. Basti pensare quanti credo religiosi sono presenti nella città, da uno dei più importanti Ghetti Ebraici del mondo, a San Lazzaro degli Armeni con la chiesa ortodossa, ai copti, alle tantissime chiese cristiane ecc.
Per esempio l’utilizzo dell’uovo è stato preso dalla cultura orientale con la quale Venezia era a contatto quotidiano. L’uovo, da sempre, è considerato il simbolo della vita e della rigenerazione e rispecchia quindi il messaggio pasquale della vittoria della vita sulla morte…
Il giorno della Pasqua si festeggiava con l lauti banchetti e con la preparazione della dolce “fugassa” (focaccia), molto simile all’attuale colomba pasquale; si festeggiava la resurrezione di Cristo, la Sua rinascita e si poneva fine al periodo del digiuno e delle privazioni quaresimali.
A Venezia c’era però anche una festa nella festa; il doge con tutto il suo seguito, effettuava una di quelle “andate”, come si chiamavano i cortei dogali che si svolgevano in determinate ricorrenze, per recarsi, a piedi lungo la Riva, alla chiesa di San Zaccaria e all’annesso monastero, dove veniva accolto, sul portone, dalla badessa congiuntamente alle altre monache.
Il doge veniva quindi accompagnato all’altare maggiore dove, insieme a tutta la Signoria, ascoltava la messa officiata dal Patriarca. Subito dopo si svolgeva un sontuoso banchetto nel refettorio del convento, preparato dalle monache in suo onore. Non solo, in questa occasione, il doge veniva anche omaggiato con un corno dogale, la corona del doge, confezionato dalle stesse monache. La leggenda e la cronaca fanno risalire il primo omaggio del tradizionale corno al doge, alla badessa Agostina Morosini, che offrì il primo al doge Pietro Tradonico (836-864).
Non solo il doge godeva delle bontà gastronomiche pasquali.
Proverbi culinari pasquali
Fugassa e uova entrarono a far parte del cultura culinaria pasquale veneta a tal punto che ne derivarono alcuni proverbi:
“No xè Pasqua sensa fugassa”
“Xè Pasqua, xè Pasqua che caro che gò, se magna ea fugassa, se beve i cocò”
A Pasqua, trista xè la polastra che no la fa el vovo
RICETTA: La fugassa veneta
per uno stampo di carta per focaccia da 750 grammi
Ingredienti
250 g di farina 00
250 g di farina manitoba
70 ml di latte tiepido
4 uova intere medie a temperatura ambiente
12 g di lievito di birra fresco* (aumentate la quantità ( a 20 g) se dovete ridurre i tempi e farla in giornata senza riposo notturno)
150 g di zucchero
100 g di burro temperatura ambiente
1 presa di sale
5 cucchiai di aroma spumadoro oppure buccia di arancia e limone grattugiata
Per glassare:
latte
burro
2 cucchiai di zucchero zucchero in granella
oppure
1 albume
2 cucchiai di zucchero zucchero in granella
mandorle
Istruzioni
Per il lievitino:
In un recipiente di vetro sciogliete il lievito di birra nel latte tiepido, con 20 grammi di zucchero e 100 grammi delle farina che avrete mischiato. Formate la pastella coprite con della pellicola e lasciate riposare, fino al raddoppio (circa 1 ora).
Primo impasto:
Nel recipiente della planetaria, unire 200 grammi di farina, 2 uova e 80 grammi di zucchero. Aggiungete il lievitino e cominciate a lavorare il tutto con il gancio fino a che l’impasto inizia ad incordare.
Unite 50 grammi di burro morbido a piccoli pezzetti e continua a lavorare per circa 30 minuti, finché l’impasto sarà molto morbido e liscio.
Formate una palla con l’impasto e mettete a riposare coperto, al caldo, finché non sarà raddoppiato (circa 1 ora 1 ora e 1/2).
Secondo impasto:
Sempre nella planetaria, aggiungete la restante farina (200g ), 50 grammi di zucchero e le 2 uova, il sale e gli aromi.
Aggiungete l’impasto lievitato e cominciate a lavorare un’altra volta con il gancio finché sarà bello liscio, e unite gli altri 50 grammi di burro morbido a pezzetti.
Continuate a lavorare finché l’impasto sarà bello liscio, molto morbido ed elastico ma non appiccicoso. Ci vorrà un po’ più di tempo, anche 45 minuti. L’impasto sarà pronto quando si staccherà in un unico blocco.
Quindi rimettetelo a riposare, coperto con la pellicola, finché sarà raddoppiato. Io anche tutta la notte a temperatura ambiente (circa 20°C).
finale:
Sgonfiare l’impasto, formate una palla e mettetela nell’apposito stampo e lasciate ancora a lievitare in un posto caldo, coperto, circa 2 ore. L’impasto dovrà arrivare al bordo dello stampo. Lasciate l’impsto scoperto per 10-15 minuti in modo che si formi una leggera pellicola e con una lametta praticare un taglio a croce.
Spennellate il dolce con la “glassa”: per la versione più semplice, che io preferisco, spennellate con un po’ di latte e mettete qualche pezzetto di burro poi cospargete con lo zucchero in granella o semolato. Per la versione più ricca montate a neve l’albume con lo zucchero, spennellate la superficie del dolce e cospargete di zucchero in granella e mandorle.
Mettete in forno caldo statico a 170°C su una placca, a griglia possibilmente, e appena la focaccia si colorerà sopra coprite con un foglio di carta alluminio e portate a cottura finale. Ci vorranno circa 45-50 minuti, fate la prova stecchino e fatela raffreddare su una gratella.
Una volta raffreddata potete conservarla per qualche giorno dentro ad un sacchetto di plastica per alimenti.
Alberta Bellussi
- 10 April 2020
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