Te à na testa da bater pài
“Te à na testa da bater pài“, io sta frase l’ho sempre detta e sentita ad indicare una persona con la testa dura che non capisce, o come si diceva un tempo duro de comprendonio.
Ma sta frase da dove ha origine e perché proprio batter pai?
Forse pochi lo sanno ma se Venezia esiste lo deve ai “Battipai” e alla loro fatica.
I “Battipài” sono coloro che hanno piantato tutti i pali sui quali poggia Venezia, un tempo, non solo anche per l’ormeggio e per la navigazione lagunare.
Il palo è l’elemento più importante e essenziale di tutta l’urbanistica lagunare e dell’edilizia veneziana, pur essendo un elemento quasi invisibile agli occhi e discreto sorregge Venezia. Si dice infatti che la città sorga su una foresta rovesciata di alberi delle Dolomiti.
Il terreno sul quale sorge è del tutto particolare; sotto la terra emersa troviamo un primo strato di fango di riporto alluvionale ed un sottostante strato compatto di argilla e sabbia chiamato “CARANTO”. Per poter edificare è stato quindi necessario dapprima solidificare la zona piantando dei pali di legno appuntiti generalmente di larice o rovere fino al raggiungimento del “CARANTO”, su questi poi veniva formato uno zatterone di tavole di larice da dove si elevavano le fondazioni in blocchi di pietra d’Istria. La palificazione doveva essere tanto più fitta ed espansa in relazione alla costruzione soprastante. Per avere un’idea, pensiamo al Ponte di Rialto che poggia le sue estremità su 12.000 pali di olmo, mentre la stessa palificazione della Chiesa della Salute durò due anni circa.
Il palo non è solo importante per l’urbanistica ma anche per l’arredo urbano; le “BRICOLE” per la segnaletica dei canali navigabili; le “PALINE” per l’attracco delle barche; i “VIERI” per la pesca e l’allevamento dei mitili, nonchè supporti per i pontili. Oggi i pali “BRICOLE” per delimitare i canali in laguna, seppur ancora in legno, vengono piantati con mezzi meccanici, mentre per l’edilizia si fa uso di pali in cemento armato.
I “battipai” rendevano possibile tutto ciò e ritmavano la loro fatica con un canto cadenzato tipo una marcia che aveva lo scopo di coordinare i movimenti delle persone che impugnavano il maglio, lo strumento per battere il palo, una sorta di testa appunto. E proprio con la testa, come riportato nella foto, veniva battuto il palo a forti colpi fino a conficcarlo nel fango della laguna e siccome non era un operazione facile, la testa doveva essere dura per poter conficare bene il palo fino in fondo.
Ho trovato la testimonianza del loro canto:
O issa eh
e issalo in alto oh
e in alto bene eh
poiché conviene oh
per ‘sto lavoro eh
che noi l’abbiamo oh
ma incominciamo eh
me se Dio vuole oh
lo feniremo eh
ma col santo aiuto oh
viva San Marco eh
repubblicano oh
quello che tiene eh
l’arma alla mano oh
ma per distruggere eh
el turco cane oh
fede di Cristo eh
la sé cristiana oh
quela dei turchi eh
la sé pagana oh
e spiegaremo eh
bandiera rossa oh
bandiera rossa eh
è segno di sangue oh
e spiegaremo eh
bandiera bianca oh
bandiera bianca eh
è segno di pase oh
e spiegaremo eh
bandiera nera oh
bandiera nera eh
è segno di morte oh.
Alberta Bellussi
- 10 February 2021
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